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SCISMA DI GROTTE
ANNO 1873

Grotte è un paese, a pochi chilometri da Racalmuto, della provincia di Agrigento ( Girgenti ), che tra il 1873 e il 1879 fu teatro del così detto “scisma di Grotte”.

Il termine scisma, dal greco σχισμα, schisma (da σχιζω, schizo, "dividere"), indica una divisione, una separazione causata da una discordia fra gli individui di una stessa comunità.

scisma di grotte

La parola scisma, che ha trovato il suo più largo impiego nella storia del Cristianesimo, per denotare le divisioni non pacifiche né concordate, nell'ambito della Chiesa, può essere usata pertanto anche per gli avvenimenti che si sono verificati in questo comune dell’agrigentino.

Per capire meglio gli atteggiamenti delle persone coinvolte negli avvenimenti di Grotte e della diocesi di Agrigento in quel periodo, è necessario ricordare tre fatti storici molto importanti per la vita dei cattolici:

  1. Il Concilio Vaticano I, che apertosi nel dicembre del 1869, il 18 luglio 1870 con 533 voti su 535 dichiarò che il Pontefice, allorché ex cathedra definisce dottrine riguardanti la fede e la morale, gode della infallibilità;

  2. Il 20 settembre 1870, con la presa di Porta Pia e la caduta di Roma, termina di fatto il potere temporale del Papa. Pio IX si dichiara prigioniero nel Vaticano e non riconosce lo Stato Italiano, costituito sotto dominazione ostile.

  3. Pio IX invita i Cattolici a non partecipare alle elezioni politiche (non expedit) e ad isolarsi dalla politica attiva.


A Grotte nel 1872 moriva don Calogero Ingrao, parroco della chiesa madre. Dal 1688, il fondatore della parrocchia aveva riservato per sé e per i suoi eredi il diritto di proporre al Vescovo il nome del parroco. Era prassi pertanto che, in cambio delle rendite assegnate, la proposta di nomina del parroco venisse effettuata dagli eredi della famiglia?? Il 12/05/1872, in sostituzione del defunto don Calogero Ingrao, viene designato don Luigi Sciarratta, gradito alla popolazione e al clero di Grotte.

Il vescovo Turano non ratifica la nomina a parroco di don Sciarratta. Nasce da questo contrasto lo “scisma di Grotte” .

Il contrasto tra i proponenti il nome di don Sciarratta e il Vescovo Mons. Turano, si trasforma in un braccio di ferro tra il clero, ” pronto a far valere le Sue decisioni” ed il vescovo, che nega l’investitura Canonica al prete del luogo (gradito alla popolazione).

Il vescovo, poiché il clero, sfidando la “fermezza” Diocesana, è a favore del candidato parroco, cerca di sottomettere i preti ribelli colpendoli con pesanti pene.

Il 31/8/1873 viene redatto un “ documento firmato da 237 parrocchiani e inviato al Vescovo di Girgenti.

Nel documento si sottolinea l’opportunità di ratificare la nomina di don Sciarrata, in quanto, dal rifiuto, erano nati turbamenti tali da compromettere l’ordine pubblico.

Inoltre si sottolineano i pregi del candidato SCIARRATTA e quelle firme, anche se poche, davano risalto alla Sua rappresentanza nel paese.

In quei momenti di tensione emergono trame tra i vari gruppi di potere in ambito ecclesiastico.

(Per dare una giusta interpretazione dei fatti: Dopo la morte dell’arciprete CALOGERO INGRAO avvenuta nel 1872, si doveva designare un nuovo parroco a Grotte che allora contava 7306 abitanti ed un Clero di 19 preti .

Secondo la prassi che vigeva dal 1688, la nomina avveniva previa designazione degli eredi del fondatore della parrocchia, che in cambio delle rendite assegnate, aveva riservato a sé e ai suoi eredi il “patronato”, ossia presentare di diritto un proprio candidato al Vescovo della Diocesi.)

(Il 12/05/1872 fu designato parroco il sacerdote LUIGI SCIARRATTA di Grotte.)

Perché tanto accanimento contro Don Sciarratta?

Eppure sulle sue doti culturali concordano anche le fonti cattoliche.

Durante il corso degli studi compiuti nel seminario Agrigentino:” diede prova di non comune intelligenza ed applicazione, meritò di essere ammesso al rinomato collegio:” Agostino e Tommaso” di Girgenti fondato nel 1712 dal Vescovo RAMIREZ, dove per sei anni frequentò i corsi di perfezionamento in Diritto Canonico e Civile ed in Teologia morale.

Sciarratta, ordinato sacerdote, fu insegnante nella scuola comunale e dopo l’unità d’Italia ( 1863-69), fu eletto consigliere comunale ; fu anche direttore del collegio di Maria dal 1857 al 1870. Nominato Pro-vicario Foraneo di Grotte dal vescovo LO JACONO mantenne tale incarico sino al 1871, anno in cui la diocesi Agrigentina fu retta dal Vicario GALLUZZO.


Quest’ultimo lo privò delle cariche suscitando le proteste del clero di Grotte. Sciarratta fece istanza all’arcivescovado di Morreale per avere ripristinati i sui incarichi, ma vane restarono le Sue proteste.

Il Vicario di Morreale “ Milazzo”, che reggeva la sede vacante non disapprova la condotta del Galluzzo, a lui legato d’avversione verso il nuovo Stato Italiano. Il Galluzzo, intanto, era stato nominato Vicario Generale di Girgenti, per poter creare in seno a questa diocesi una forte opposizione al Governo della “rivoluzione”, vista l’abilità con cui il Galluzzo era riuscito a fare invalidare l’elezione di Domenico Cannella.

Dopo l’elezione del canonico Cannella corse voce che Galluzzo, Petta, Lo Conti e Genuardi avessero presentato ricorso in “Vaticano” sostenendo che l’interessato si fosse macchiato di corruzione.

Il Vescovo MILAZZO seguirà le inquietanti notizie del clero di Girgenti, in cui la divisione in due fazioni preludeva ad uno scisma.

Insostenibile era la situazione creatasi con la reggenza “Galluzzo” che aveva tolto alla maggior parte del clero la “patente” di confessore, esigendo, per averla rinnovata, che i preti si sottoponessero ad un esame inquisitorio volto ad ottenere dichiarazioni di adesioni all’infallibilità pontificia, secondo quanto scrisse lo stesso “Sciarratta”.

Il vescovo Galluzzo fece intendere che lo avrebbe confermato alla carica se fosse stato disposto a svolgere nella parrocchia di Grotte una politica contro il Governo Italiano.

Sciarratta ricusò l’offerta fattagli dal vescovo Galluzzo, il quale a sua volta nominò Vicario foraneo di Grotte il sacerdote Nicolò Morreale, che tentò di raccogliere nel paese “l’obolo” per la difesa del potere temporale del Papa. Ma i risultati furono scadenti.

Nel 1872 Sciarratta si rivolge al vescovo di Girgenti Monsignor Domenico Turano, sperando di aver giustizia.

Sul conto del Turano il Prefetto di Palermo scrisse la seguente nota: ” la condotta del Turano è scaltra ed avveduta, ma ciò non toglie che sia un caldo sostenitore dell’infallibilità, che nutra vivi sentimenti d’avversità all’attuale ordinamento politico”. Con l’arrivo di Turano a Girgenti fu fondata una sezione della Società Primaria per gli interessi Cattolici, costituitasi a Palermo per ottenere la restituzione dei territori pontifici a Pio IX.

Il Nuovo vescovo di Agrigento fu coadiuvato da Galluzzo e dal prete Genuardi, figlio del barone Genuardi ( il re dello zolfo) che riuscì con l’appoggio di Turano a fare ottenere la nomina del figlio a vescovo di Acireale.

Don Sciarratta, da esperto conoscitore del Diritto Canonico, sapeva che l’autorità diocesana aveva la facoltà di rifiutare la nomina a parroco indicata dal “patrono”, qualora il candidato fosse indegno di meritare la carica, ma il rifiuto doveva essere giustificato .

L’opinione pubblica era a favore di Sciarratta . A lui non mancavano – come scrisse il prefetto di Girgenti, il delegato di P.S. di Racalmuto – “ le qualità necessarie ad un capo e direttore del Clero”, e soprattutto “la maggior parte del popolo” desiderava “ vedere compiuta la nomina”.

L’attesa fu deludente, poiché il vescovo respinse la proposta di nomina con decreto non motivato ( vedi decreto vescovo del 5 novembre 1872). Infatti nel decreto emesso mancano le prescritte dichiarazioni d’indegnità.

Sciarratta presentò ricorso al arcivescovo di Morreale ed al Vaticano, affinché gli fossero comunicati i motivi del rifiuto, onde potesse replicare con prove a discarico.

Si noti che il rifiuto giunse dopo circa un semestre. Nell’estate del 1872 il Governo Pastorale del Turano fu messo sottoaccusa da un gruppo di preti facenti capo ai canonici Cannella e Spoto , al cui seguito stava pure una parte del clero e del popolo. Sembra che il Turano abbia deciso di abbandonare la sede di Girgenti, secondo le voci che il barone Genuardi, d’intesa con il gruppo Galluzzo, stesse manovrando in Vaticano per rimpiazzarlo con il figlio già vescovo di Acireale. Durante il brevissimo soggiorno a Palermo, Turano tentò di indurre il titolare del patrono di Grotte a ritirare l’atto di designazione in favore dello Sciarratta. Non riuscendovi . Il Turano chiese allo Sciarratta una formale rinuncia.

Nel voluminoso dossier del caso Sciarratta presso l’archivio segreto del Vaticano (S.C. concili positiones archvii secreti, litt. Lai. Ctr rapporto del vescovo di Girgenti, G. Blandini alla congregazione del concilio 28/07/1885). Non vi è traccia dei ricorsi contro di lui. L’annuario diocesano Agrigentino sostiene che fossero arrivati direttamente al Papa. Invece esistono i capi di accusa formulati dal vescovo Turano inviati al Vaticano il 21//03/1873, a giustificazione della negata nomina. Sono elencati nell’originale di una lettera riservata, diretta al Cardinale Caterini, nella quale il Turano scriveva che a Grotte:”Ove domina l’incredulismo e la depravazione dei costumi”la fama era contraria a Sciarratta.”

Consta dell’amicizia illecita acquisita da lui Sciarratta come direttore del Collegio di Maria con la Superiora…….e la relazione dura sino ad oggi, chiamandosi da taluni” la moglie di don Luigi” poi il Turano prosegue:” Come settari interventi nel luogo di adunanza (loggia massonica) di aver esercitato funzioni di sindaco e di delegato P.S., inoltre ha predicato e parlato contro il Papa.

Sulla appartenenza alla locale loggia massonica, si precisa che il nome dello Sciarratta non figura nei rapporti che la polizia redigeva periodicamente sulle associazioni secrete.

Sostennero l’iscrizione dello Sciarratta alla Massoneria: Il Pretore di Grotte (economato generale dei benefici vacanti, diocesi di Girgenti, Collegio di Maria di Grotte; Il Prefetto al Ministero di Grazia e Giustizia e dei culti in data 12/5/1866 – Il pretore di Grotte che quale dipingeva lo Sciarratta “ uno dei graduati della massoneria “.

L’avere esercitato l’ufficio di Sindaco e di delegato di P.S, gli venne ascritto a demerito. Il de Gregorio cita i nomi dei sacerdoti creduti senza spirito ecclesiastico, perché antiborbone e garibaldini e sostenitori del governo scomunicato che aveva decretato la confisca dei beni delle corporazioni religiose e la cessazione del potere temporale della Chiesa.

La presenza di preti nella loggia massonica fu “ quasi ordinaria” in sicilia ad Avola vi erano affiliati e preti. A Villafrati il prete Mastruzzi fondò una loggia massonica (vedi il clero palermitano nel primo decennio dell’unità d’italia (1860-70). Per comprendere in che considerazione era tenuto il prete” rivoluzionario “ e bastevole il giudizio del giornale” “INASPETTATO” UN GIORNALE PALERMITANO CHE SI AUTO DEFINIVA” Gazzetta Semiseria”, “ il prete rivoluzionario” è grandemente nocivo alla società”….Traditore dei propri fratelli, un uomo che cerca moglie e danaro” ( vedi prete rivoluzionario 11/11/1873). Queste sono le accuse infamanti contro Sciarratta voci accolte dal vescovo Turano.

Per conoscere l’orientamento ideologico concorre una “particolare” imputazione contro di lui: aver predicato e parlato contro il Papa. Sciarratta pubblicherà nei sui scritti il Temporalismo e l’infallibilità Pontificia elevati a dogma. Mettendo in risalto l’operato dei vescovi post conciliari, che perseguitando i preti liberali, rafforzavano il governo non democratico della chiesa romana. Sciarratta fu in linea con le idee di “ Renovatio Ecclesiae” che in Sicilia aveva larghi consensi. Dopo il concilio Vaticano nel 1871 sorse nell’isola un movimento per la riforma interna della chiesa . Movimento rappresentato a Palermo dall’ex gesuita Vincenzo Caprera, il quale fondò il giornale “ Patria e Vangelo” . I vecchi cattolici si opposero e chiedevano che la chiesa tornasse alle sue antichi origini, quelle del vangelo. I Vecchi cattolici erano in linea con le conclusioni raggiunte nel 1871 a Monaco , dove si svolse un congresso guidato dal teologo Ignazio Doellinger.

Nel luglio del 1873, prima dell’elezione popolare dello Sciarratta a Parroco, ad Alcamo un gruppo di preti vecchio-cattolici pubblicava ” Il diocesano” un periodico” Clero popolare”, nal quale si chiedeva a Turano di sostituire Sciarratta con n altro candidato, senza che all’accusato fosse data possibilità di discolparsi.

Il 20/04/1873 Turano ordinò ai preti di Grotte di presentarsi a Girgenti per frequentare un corso di “ esercizi spirituali”. Il clero rifiutò e pertanto venne punito con la sospensione a divinis.

La controversia dei preti di Grotte è diventata di dominio pubblico nei paesi vicini.

Ne parlava nella pubblica piazza “il ceto pensante di Grotte”. I preti dissidenti occupavano la chiesa madre( vedi annuario diocesano).

Tale notizia colse di sorpresa il vescovo che utilizzando una linea morbida fece balenare la speranza di un suo intervento in Vaticano, documento che si trova come lettera dossier in Vaticano. Con questo espediente il vescovo mirava ad accaparrarsi la fiducia dello Sciarratta, affinché spirati i 40 giorni stabiliti dal Vaticano senza “patrono” della parrocchia avesse provveduto a sostituire il candidato e quindi avrebbe potuto scegliere un prete di sua scelta. Tale sospetto spinse lo Sciarratta ed il patrono di avvalersi del nihil translat ( veto previsto) che fu presentato 20/05/1873.

Il Turano fu messo nell’alternativa di dimostrare l’indegnità dello Sciarratta o di rinunciare ad altra nomina. Il vescovo non si mosse. Il veto interposto non risolse la controversia ma impedì sino al 1890 che si potesse nominare altro parroco non designato dal “ patrono”.

Turano non si arrese e la popolazione di Grotte il 31/05/1873 arrivò ad una vera elezione popolare di Sciarratta pretendone dal vescovo la riconferma. Sul documento di elezione popolare figurano i nomi dell’ avv. Francesco Ingrao, dell’ avv. Carmelo Morreale, di 4 assessori, e 2 consiglieri comunali; dagli insegnanti Girolamo Pellegrini e Giuseppe Gugielmini, dei notai Ignazio Criminisi ed Antonio Vassallo, degli agrimensori Filippo Gueli, Michele Licata e Giuseppe Baeri. Tra i non intellettuali ci sono Giuseppe Ferrara, Raimondo Gueli, Salvatore Vella, Francesco Napoli e Stefano lo Presti, per citare alcuni dei 237 firmatari.

A dare notizia dell’elezione dello Sciarratta è : “ il diocesano” di Alcamo quello di Grotte fu il primo caso di elezione popolare tra gli altri 14 casi che si registrarono in Italia tra 1873-1875. Nel 1873 Sciarratta ed i preti a lui favorevoli si staccarono dalla gerarchia ecclesiastica. Fu spedita una lettera stampa” lettera del clero di Grotte” il 16/09/1873. Lettera scritta di proprio pugno dello Sciarratta, ormai risoluto a resistere alle pressioni ed agli abusi del vescovo Turano.

Si invitarono le parrocchie a costituirsi:”in conformità del vangelo e delle apostoliche istituzioni mantenute sino ai primi secoli dalla medesima Curia romana. Per ritornare alla cristiana religione nella sua purezza”. La parte conclusiva della lettera è:” il Clero non intende svincolarsi dalla religione madre stabilità da Gesù Cristo”. L’appello era rivolto a tutta la Chiesa agrigentina prendendo esempio dal clero di Grotte”. :……………………….

Il primo assunto contro la “lettera” fu fatta dai canonici di Girgenti che definirono “pigmei” i preti di Grotte. Seguirono le proteste dei parroci di Girgenti e delle Parrocchie dell’agrigentino. Sono dichiarazioni che spira lo spirito di fronda del clero diocesano contro lo scisma di Grotte:Non furono scritte proteste da parte del clero di Racalmuto e di Camastra. Focolai di rivolta si accesero qua e là a Favara, Canicattì, nella stessa Girgenti. La notizia fu riportata dal giornale “ il precursore” di Palermo dal quotidiano:”libertà” di Roma, dove, nel 1874, un prete di Favara inviò direttamente al Papa una sua lettera.

I preti riformisti d’Alcamo sostennero la tesi dei preti di grotte. Inviando i loro scritti alle autorità Politiche ed ai giornali più accreditati. Sciarratta respinse le accuse di apostasia e di eresia, richiamò l’antica disciplina osservata dalla chiesa in tema di elezioni ecclesiastiche . Il 30/03/1874 gli scismatici decisero di costituirsi in parrocchia separata, amministravano i sacramenti non curanti della sospensione a divinis. Buona parte del popolo seguiva Scismatici. I pochi preti rimasti fedeli al vescovo si trasferirono nella vicina chiesa del purgatorio. Il vescovo ordinò di consegnare i registri e gli arredi della parrocchia ai dissidenti. Dichiarò nulli i matrimoni celebrati e le invalide assoluzioni impartite.

Gli scismatici replicarono che il vescovo non aveva nessuna autorità a farlo, non essendo stato riconosciuto dal governo italiano. Nel giugno 1874 il Vaticano ordinò al Turano di infliggere la scomunica ai ribelli che officiano e alle loro chiese. Il Turano non sopportò che un gruppo scismatico disponesse di una chiesa. Si rivolse alle autorità competenti, chiedendo il sequestro delle rendite e degli arredi sacri in possesso della chiesa Madre. Riuscì nel suo intendo dichiarando al Prefetto di Grotte che vi erano seri disordini a causa dei preti che non volevano stare sotto la giurisdizione della curia di Girgenti.

Nell’ ottobre del 1874 quest’ultimi con la forza armata furono estromessi dalla chiesa.

Si noti che nessun disordine era accaduto. L’autorità governative impedirono ai preti interessati di far sapere le loro ragioni presso l’autorità giudiziaria, costringendoli a interrompere la procedura giudiziaria. La controversia non poteva dirsi conclusa . Inoltre il silenzio del Vaticano richiesto nel grado di appello, il diritto di patronato riconosciuto dalla legislazione del tempo ed del diritto canonico. Il diritto di patronato per la ratifica a nomina a parroco era:” di esclusiva attribuzione del potere civile”. Sciarratta tentò nel novembre 1874 si sollecitarne il riconoscimento governativo. Fece notare che già era stato accordato il regio placet ad altri preti pur nelle more della pendenza delle liti con il Vaticano, al quale egli si era rivolto, chiedendo anche l’istituzione di un processo a suo carico. Nei primi mesi del 1875 il governo sembrava propenso a risolvere le controversie di preti in impasse con l’autorità ecclesiastica. I preti di Grotte si rivolsero al Ministro d i Grazia e Giustizia Vigliani, al quale presentarono una petizione nella quale dicevano di essere stati privati della loro chiesa a causa dell’ingiustificato appoggio che le autorità avevano prestato al vescovo. Invocano un provvedimento riparatore.

La chiesa fu riaperta, per ordine del governo nel marzo 1875. senza che il ministro risolvesse la vicenda. Sciarratta e seguaci si rivolsero al deputato nazionale Luigi La Porta del Collegio di Girgenti. Il 17-3-1875 in Montecitorio un’interrogazione al ministro degli interni Cantelli:” in ordine ad alcuni fatti avvenuti a Grotte. Il Ministro risponde che:” Le istruzioni che hanno gli agenti P.S. sono di far rispettare la libertà di tutti senza intromettersi in questioni estranee all’ufficio di autorità politica. Io manterrò queste istruzioni….” Sul riconoscimento di Sciarratta come parroco di Grotte il ministro di grazia e giustizia risponde:”il governo non poteva e non può pretendere alcun provvedimento….. è pur vero che il patrono ha fatto regolarmente il suo atto di nomina. Ma il vescovo di Girgenti ha rifiutato l’istituzione, perché Sciarratta era rimosso dagli uffici di mastro notaro e di provicario foraneo dietro procedimento ecclesiastico. La controversia è ancora pendente.- ma intanto esiste la questione, fintanto che non è giudicato sopra la sussistenza dei motivi per cui l’ordinario diocesano non ha creduto di riconoscere il Parroco”.

Il Deputato La Porta:” si dichiarò insoddisfatto delle risposte riservandosi il suo giudizio e della camera sulla condotta del Ministro della giustizia e degli organi dipendenti. Sottolineò che un vescovo privo di riconoscimenti ufficiali, aveva avuto il potere di far togliere ai preti dissidenti le rendite e le loro spettanze. Accusò:”contegno del governo verso l’alto clero, per troppo larga, tollerante interpretazione sulla legge delle guarentigie……riservandosi muovere interpellanza sui rapporti fra Stato e chiesa. Dalla interrogazione di “la Porta” si è addivenuti alla convinzione che non vi sarebbe stata una rottura con essa. Il vescovo di Girgenti convinto con le sue promesse dal guarda sigilli nei confronti dello Sciarratta sarebbero rimaste nel limbo delle buoni intenzioni. Dopo una settimana della fine del dibattito parlamentare il Turano nominò come parroco di Grotte l’ex gesuita cappuccino Salamone di Favara. Mentre in Vaticano era pendente l’appello. Il 28-3-1875 i preti di Grotte sottoscrissero un secondo appello al ministro Vigliani. Nel documento essi smentirono tra l’altro le accuse formulate dal vescovo, secondo la versione da questi presentata al governo. Sfidando il Turano a produrre prove, qualora le accuse fossero veritiere, ma tale sfida non venne accolta né dal Turano né da Galluzzo.

Speravano i preti di Grotte che in parlamento qualcuno prendesse le loro difese quale quella di Garibaldi. Le simpatie per loro non mancavano specialmente da parte della società emancipatrice del sacerdozio e laicato italiano di Napoli. Fu nella primavera del 1875 una campagna per la costituzione di una chiesa cattolica promossa dai vecchi cattolici. Nelle elezioni di maggio dello stesso anno, dal laicato e preti di Grotte pervennero 175 voti, che indussero Sciarratta a chiedere a questa nuova chiesa di “ prender possesso spirituale dei comuni vicini. Durante l’interpellanza di “ La Porta”. Nel maggio 1875 a favore dei preti di Grotte anche dal Deputato Tajani che disse.” I preti liberali di Grotte sono bistrattati dall’ordinario diocesano e poi sospesi . Essi resistono, si emancipano e seguitano ad officiare in chiesa.

Erano maglie della gerarchia che si rompevano, ma il subeconomo aiuta il vescovo , espelle i preti liberali dalla chiesa e la chiude… certe autorità locali non si permettono mai certe cose, quando non abbiamo fiutato qualcosa nello strato superiore all’ambiente che ve li incoraggi ( vedi atti parlamentari sessione 1874-1875, pp 3012-3013)

Dopo l’interpellanza fu dato ordine da parte del governo di far lasciare al Turano il Palazzo vescovile di Girgenti, non essendo vescovo riconosciuto da parte del governo. Per risolvere la controversia di Grotte, infatti il presidente del Consiglio Minghetti a conclusione del dibattito parlamentare. Dichiarò che lo stato era incompetente in materia di riforma religiosa, La vicenda era destinata ad esaurirsi, senza una soddisfacente conclusione- con l’avvento della sinistra al potere ( marzo 1876) , sperarono nel nuovo governo, ma quest’ultimo si dimostrò di non voler intervenire. L’On La Porta, nel marzo 1878 fece un’ altra interrogazione e spinse il ministro degli interni Crispi a chiedere soltanto se a Grotte fosse minacciato l’ordine pubblico per la vicenda dei preti. Avuta notizia che non vi era stato nessun disordine e né minacce di ordine pubblico. La sua attenzione cessò, poiché al Crispi premeva, in quel momento, di non incrinare i rapporti ufficiali con il Vaticano. Dei 14 preti ribelli di Grotte 6 si sottomisero, gli altri pur non avendo smesso lo stato ecclesiastico, perseverarono nell’atteggiamento di ribelli. Nel gruppo dei preti pentiti la stampa cattolica incluse lo Sciarratta, ma la notizia è risultata inesatta anche per l’attestazione del vescovo di Girgenti Gaetano Blandini, il quale in una lettera al Vaticano dichiara nel 1885 che Sciarratta aveva respinto la dichiarazione formale del vescovo Turano.



Il Turano dichiarò al governo che allo Sciarratta risultavano a carico “ un procedimento di ordine ecclesiastico”, ma di tale lettera non vi è traccia in Vaticano. Il cardinale Caterini ordinò di infliggere la scomunica allo Sciarratta per gli opuscoli contestatari e degli atti scismatici compiuti insieme agli altri preti. Il Sciarratta non fu mai condannato per concubinato e furto e né per altre accuse di ordine politico e religioso di cui era realmente accusato,. Il Vaticano decide di scomunicarlo solo perché si era ribellato al vescovo e lo aveva dichiarato indegno senza prove. I reali motivi per cui il vescovo di Girgenti negò la nomina a Sciarratta fu di natura politica. Il Turano è un intransigente avversario del nuovo stato italiano. Il liberalismo del prete è colpa gravissima e preferì affrontare i rischi di uno scisma nella diocesi pur di non manifestare il vero motivo de l suo rifiuto.

Lo Sciarratta, infine, nei 1879 si riconciliò con la Chiesa di Roma, ponendo fine allo scisma, anche se l’insoddisfazione della popolazione doveva durare ancora per diversi anni.

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a cura di Nadia Salvaggio e coord lett. Prof. Gioacchino Lauricella  INFO
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